
Non dobbiamo farci trarre in inganno dalle sparate di Trump o di Musk. Quello che sta succedendo, al di là dei modi villani, è qualcosa di profondo e forse inevitabile. Con un’altra presidenza sarebbe andato avanti nello stesso modo. solo con qualche chiazza di velluto in più sui guanti, qualche svarione diplomatico in meno, meno sbragature e risse da wrestling.
Avremmo “lollato” di meno, ma non sarebbe cambiata la sostanza. Gli Stati Uniti d’America hanno scoperto quello che altri imperi come quello francese e britannico hanno scoperto tanti anni fa. L’impero costa. Costa ogni giorno di più, mantenere quelle migliaia di soldati all’estero, pagare loro i salari, le trasferte, gli equipaggiamenti, le basi, con i loro perimetri di sicurezza, i condizionatori e i burger king all’interno. La burocrazia imperiale costa. Si chiami USAID, si chiami in qualsiasi altro modo, comprarsi influenza sul mondo costa soldi, molti soldi, e tempo molto tempo. Ha tempo l’America? Non sembrerebbe. Le porte della capitale dovevano essere sempre aperte a nuove persone, nuovi volti, l’impero è inclusivo, deve esserlo. Gli imperatori romani nati da ogni provincia dell’impero, il georgiano Stalin che guida la Russia, etc etc. La Francia metropolitana che deve dare la cittadinanza alle colonie, accoglierle. Può farlo direttamente, con metodi “democratici”, oppure accettando giannizzeri, come faceva l’impero ottomano, oppure con ampi programmi di DEI, con il mantra della meritocrazia aperta ai “migliori del mondo” ma non cambia la sostanza, i quadri dell’impero devono sempre espandersi. La necessità economica di assorbire l’eccesso di offerta altrui per tenere nell’orbita commerciale, di indebitarsi, di declinare lentamente. La capitale deve sempre essere splendida, anche quando è piena di vagabondi. Un impero a un certo punto dice: le mie forze non mi permettono più di sostenere un corpo così ampio. Non è un processo che dura un giorno solo, come non è durato un giorno solo in Francia e Gran Bretagna, si è andati avanti e indietro, concessioni di indipendenza e ripensamenti, come a Suez o in Algeria, fino a non mollare del tutto la presa. La Francia ha ancora la Nuova Caledonia, dirimpetto l’Australia, e la Guyana francese, confinante con il Brasile, l’UK le Falkland, Gibilterra etc.
I ripensamenti riguardano anche il successore dell’impero russo, che sogna di estendersi di nuovo ricco e potente come fu l’URSS. Putin ha definita la caduta dell’impero sovietico alla conferenza di Monaco “catastrofe geopolitica”, come fosse un terremoto o la caduta di un masso, dimenticando che gli imperi declinano e si sfaldano perché perdono forza, vigore. Per questo ha lanciato il suo paese in una sanguinosa prova di forza imperiale, prova che se sta ancora combattendo dopo tre anni ha clamorosamente perso. L’URSS è crollata per un motivo, e non è stata una fatalità. Succederà così anche con l’America, si mollano gli ormeggi, ci si ritira nei propri interessi vicini, che scendono nella piramide di Maslow dei bisogni, sempre meno globalizzata e sempre più gretta.
Dall’esportare la democrazia fino al concupire le risorse minerarie della Groenlandia e del Canada. Tutto fa brodo per una volpe che ha riscoperto i pollai della zona. L’America di oggi non si sente tanto forte da essere magnanima, non è tanto ricca da poter dare aiuti disinteressati. L’Ucraina ci restituisca i debiti, Zelensky invocava pallottole, invece ha ricevuto il pallottoliere. Si torna agli interessi primari, l’emisfero occidentale, e forse nemmeno tutto, forse solo quello nord occidentale, quello meridionale, chissene, tanto arrivano solo migranti, con buona pace della dottrina Monroe. Taiwan? Che se la prendano, d’altronde come possono sperare di difenderla? La Cina ha una marina più grande della nostra. I cantieri americani sono messi talmente male che si sono dovuti affidare agli italiani per ritornare a produrre qualcosa. C’è dell’Ironia, da Amerigo Vespucci che venne su una barca a nominare il continente, a Fincantieri, che torna sul continente a produrre barche. Il confronto strategico con la Cina? Non sembra più una sfida per il mondo, al massimo una sfida per non essere invasi, si gioca di rimessa, preparandosi per il male in peggio. L’impero costa signori, e gli imperatori sono troppo nudi per fare ancora loro credito. Fortuna almeo che l’imperatore come mamma l’ha fatto offre uno spettacolo così scatenato e divertente.