Ragionare di naufragi

Cerchiamo di usare l’unica facoltà che davvero ci distingue dalle bestie a cui tanto ci sforziamo di assomigliare: il ragionamento.

Ieri 117 uomini, donne, bambini, figli, madri, fratelli e sorelle sono annegati nel mare gelido di gennaio. Per via della battaglia senza quartiere contro le navi delle ONG e della situazione esplosiva in Libia, nessuno ha raccolto la chiamata di soccorso. Quando è arrivato l’elicottero della Guardia Costiera Italiana, sono riusciti a salvare appena tre persone. 3 vite umane su 120, il 2.5%. Alcuni personaggi di cui non farò il nome perché hanno ricevuto da me già troppa pubblicità sostengono che l’immigrazione clandestina sia favorita da queste navi di soccorso chiamate da loro “Taxi del mare”, qualsiasi cosa voglia dire.

L’idea degna più di essere discussa dagli psichiatri se non addirittura dei neurologi è che la gente tenti la traversata perché qualcuno di solito viene a raccoglierli. Ovvero, la meta non sarebbe il continente europeo, ma semplicemente la più vicina nave dei soccorritori, con i quali – sostengono – gli scafisti avrebbero già contatti, è tutto un magna magna, un business. Quindi quelli che avvengono non sarebbero incidenti di percorso, ma ovvia conclusione di percorsi iniziati già all’inizio con mezzi non adeguati nella certezza del soccorso, della “pacchia”, con punte di complottismo che tanto piacciono in certi ambienti. Analizziamo i fatti circa il naufragio di ieri:

1) Alla luce dell’offensiva contro le navi delle ONG, è cosa nota che ci sono assai meno navi in attività. La possibilità di essere soccorsi, già bassa di suo, è quindi molto ma molto più bassa del solito.

2) Sarebbe comunque possibile tentare la traversata: alla lunga qualcuno probabilmente arriverebbe (forse), ma andrebbe tentata in mesi caldi, nei mesi estivi quando la sopravvivenza a mollo nel mediterraneo aumenta esponenzialmente, fino a diventare pressoché illimitata con degli adeguati salvagenti, non certo e per nessuna ragione al mondo a gennaio e senza alcun dispositivo di sicurezza

3) “Agli scafisti non frega nulla del loro carico umano, lo lasciano andare a mollo senza pensarci”. Vero, ma se c’è una cosa che ben distingue il criminale, e di cui nessuno può dubitare è che il criminale pensa molto bene ai fatti suoi, anzi pensa solo ai fatti suoi, e il mare a gennaio inghiotte indistintamente scafisti e passeggeri. Per quale ragione al mondo gli scafisti dovrebbero decidere di suicidarsi insieme al loro carico?

A giudicare da questi tre elementi possiamo rigettare l’ipotesi secondo cui i traffici umani avvengono solo perché ci sono i soccorsi delle ONG, e abbracciare invece l’ipotesi alternativa, enormemente più ragionevole, secondo cui i traffici avverrebbero comunque per via della disperazione che spinge i popoli verso l’Europa e semmai solo la presenza adeguata di un dispositivo di soccorsi tra cui le ONG evita una autentica catastrofe umanitaria.

Un’ultima cosa: la gestione dei soccorsi in mare è una questione del tutto separata dalle politiche migratorie di un paese. Un paese può gestire le une e le altre con equità e giustizia. Dire “non possiamo soccorrere queste persone perché poi dobbiamo tenercele, quindi meglio che affoghino” non ci rende migliore dei nazisti che potrebbero dire “ non siamo riusciti a deportare i giudei verso la Palestina o il Madagascar, quindi ci è toccato sterminarli”. La vita umana non è un intoppo burocratico, la vita umana è tutto ciò che abbiamo.

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