
Il D.O.G.E. di Venezia
Per uno scherzo del destino, l’organizzazione governativa affidata a Elon Musk, D.O.G.E., ha un nome che suona molto simile a quello del capo dello stato dell’antica Repubblica di Venezia. Se però nella Repubblica Marinara il Doge si muoveva a bordo di una elegantissima nave chiamata “Bucintoro”, il D.O.G.E. di Elon Musk si muoverebbe piuttosto a bordo di una nave dei pirati. E non i pirati buoni e idealizzati tipo Jack Sparrow, ma pirati veri e terrificanti tipo quelli del ciclo di Tortuga di Valerio Evangelisti. Le modalità con cui Elon Musk si è avvicinato al suo incarico di “tagliatore di costi” della macchina pubblica americana nel nuovo dipartimento D.O.G.E. (Department Of Govern Efficiency) offre una prospettiva interessante sul suo modo di ragionare e sulle sue finalità politiche.
L’archetipo del D.O.G.E. è stata l’acquisizione di Twitter nel 2022. Elon Musk per la maggior parte della sua vita professionale ha sempre fondato aziende da zero (SpaceX, Neuralink, Starlink, xAI), oppure vi è entrato in una fase della vita aziendale talmente embrionale che è come se le avesse fondate (vedi Tesla, per la quale non a caso ha ottenuto in tribunale il diritto di definirsi “cofondatore”). Musk non ha mai avuto bisogno di ristrutturare completamente un’azienda, ha sempre lasciato crescere le proprie imprese organicamente nella direzione che voleva lui. Twitter è stato il primo caso in cui Musk ha comprato una azienda matura, con molti anni di storia alle spalle, e molti dipendenti, a suo giudizio fin troppi. Twitter aveva noti problemi di redditività. Musk – dopo averla comprata quasi controvoglia – è entrato poi trionfalmente nella sede principale dell’azienda a San Francisco con un lavandino in mano, per dire “let that sink in”, un gioco di parole con sink, “lavandino” in inglese, espressione grosso modo traducibile con “lasciamoci del tempo per digerire la cosa”.
Chi non ha avuto tempo per digerire la cosa sono stati i poveri dipendenti di Twitter. L’ottanta per cento di loro è stato licenziato dall’oggi al domani, indipendentemente dal grado di dedizione (o per meglio dire, prostrazione) agli obiettivi aziendali mostrato. Non a caso molti di loro hanno paragonato la situazione con il nuovo capo e il suo entourage a quella dei “Mangiamorte” di Voldemort nella famosa serie di Harry Potter.
Sia chiaro, Twitter, Inc. (ovvero Incorporated) era una azienda privata, Musk l’ha acquistata contraendo un enorme debito, quindi aveva ogni diritto di ristrutturarla come meglio credeva. Le conseguenze sul dibattito pubblico della privatizzazione totale delle piattaforme social sono più responsabilità politica di governi e parlamenti che colpa diretta di Musk (o Zuckerberg, per quel che cambia). Per anni la questione dei social media non è stata affrontata in maniera organica dai legislatori, lasciando le piattaforme dove si esprime la libertà costituzionale d’opinione e si forma il dibattito pubblico di intere nazioni in balia di autentici Robber Barons, “tutto quello che avviene qui dietro è mio“. Il paragone corretto è un pub in cui non solo i tavoli e le attrezzature, ma anche tutto quello che viene detto lì dentro dagli avventori finisce per appartenere al proprietario del locale. Non si contestano quindi i licenziamenti in sé, che restano purtroppo prerogativa di ogni imprenditore, ma le modalità – francamente disgustose – con cui questi sono avvenuti.
Dall’offesa gratuita e vigliacca a dei dipendenti disabili, fino allo sviluppatore dell’app Android accusato in pubblico di aver prodotto una app lenta. Lo sviluppatore si era visto accusare di aver lavorato male, producendo una app lenta “che faceva migliaia di RPC al minuto” (segnatevi il termine RPC, ci torneremo tra un minuto). Lo sviluppatore ha provato a difendersi sul social (in fondo era il suo lavoro a essere sputtanato di fronte a centinaia di milioni di persone). Qualcuno aveva fatto notare “dovresti chiarire queste cose in privato con il tuo capo”, al che lui ha correttamente risposto “il mio capo le avrebbe potute chiedere in privato sui nostri canali aziendali tipo slack” per poi finire licenziato in pochi minuti tra le ghignate della combriccola di Musk su Twitter.
A prescindere dal caso che umanamente e professionalmente si commenta da solo, è estremamente interessante il fatto che Musk all’inizio dell’acquisizione di Twitter sembrasse ossessionato dalla “lentezza” di Twitter. Musk sembrava dover per forza individuare un problema tecnico da risolvere. Ovviamente sistemi della dimensione di Twitter presentano sfide tecnologiche non indifferenti. Milioni di utenti in contemporanea, che commentano, rispondono, ricondividono, il cui feed va personalizzato ogni volta, il tutto per di più in tempo reale. Questi problemi però erano ben lontani dal rendere l’esperienza ingestibile, e soprattutto sono risolvibili scalando e ottimizzando le proprie infrastrutture. Tutto può essere migliorato, ma se Twitter aveva problemi di cassa non ero certo per via dell’app lenta. Musk invece sembrava ossessionato da questa performance, “adesso dovrebbe essere più veloce”, miglioramento che nessuno degli utenti sembrava avere particolarmente a cuore. In tutto questo Musk usa questo termine “RPC”, letteralmente “Remote Procedure Call”, un termine che gli informatici hanno più o meno smesso di usare da circa 20 anni. Probabilmente l’ultima volta che ho sentito questo termine è stato il 2003, che guarda caso è più o meno quando Elon Musk ha smesso di occuparsi attivamente di software (ha venduto PayPal nel 2002). Però Musk sembrava avere molto a cuore questa sua qualifica di CTO, Chief Technical Officer, anzi, è l’unico titolo in Twitter che ha conversato dopo aver nominato la nuova CEO Linda Yaccarino. Musk non esitava a parlare una sorta di linguaggio pseudotecnico che sembrava avere senso solo in superficie, per chi non aveva davvero contezza della materia, come notava anche Rod Hilton.

Certo, tenere l’app in funzione licenziando a pioggia 4 dipendenti su 5 è una sfida notevole, non lo nega nessuno, ma è anche una sfida in cui ti sei voluto infilare tu, una sfida manageriale e finanziaria, quando non ideologica. Ma di certo nessuno ti obbliga a volere sembrare competente abbastanza da gestire una infrastruttura complessa come quella di Twitter, specie dopo aver fatto tutt’altro di mestiere per oltre vent’anni. Conoscere queste tematiche e restare aggiornati è un lavoro a tempo pieno, una cosa che già un semplice manager di un reparto di Software Development fa fatica a fare, figuriamoci il CEO di Tesla e SpaceX. Questo non significa nemmeno accusare Elon Musk di non “essere capace”, sicuramente lo sarebbe, è una pura questione di tempo (e di umiltà), non è umanamente possibile restare al passo in così tanti campi così sfidanti, innovativi e mutevoli. Ma lui a questo aspetto “tecnologico” sembrava tenerci enormemente, perché era il suo grimaldello, il primo della sua cassetta degli attrezzi per scassinare aziende e istituzioni esistenti.

Lo sta usando ancora adesso. Anche adesso nel suo nuovo ruolo politico, si vuole vendere come “White House Tech Support”, come si firma adesso su X, il nuovo nome di Twitter. Ci tiene ad apparire in una veste tecnica. Si è recato nelle agenzie federali con degli smanettoni di 19 anni e ha chiesto “l’accesso ai database”. Occupandomi di architetture software da un po’, non ho idea di cosa si possa capire nel 2025 a partire dalla tabella di un database, proprio non lo so. Spesso sono tabelle tecniche, metadati, complesse strutture di database NOSQL, oggetti JSON. A volte è difficile capire cosa c’è scritto su un database di una applicazione che hai scritto tu, figuriamoci su una che non hai mai visto prima. Poi non si capisce perché sia interessato solo ai database, e non alle mille fonti di contenuti di cui in genere una grande organizzazione dispone e su cui lavora, da Microsoft Sharepoint agli altri Enterprise Content Management (ECM). Però l’accesso deve essere “read-only”, come si sono affrettati a spiegare, qualunque cosa significhi in questo caso. Anche se usasse qualche presunta “magia” legata all’Artificial Intelligence, risulterebbe praticamente impossibile capire qualcosa di come funziona una organizzazione complessa come una agenzia federale semplicemente “accedendo ai suoi database”. Sono dati che se non hai qualcuno che te li spiega per filo e per segno PER GIORNI, non hai nessuna chance nemmeno di iniziare a capire . Eppure i 19enni di Elon, gente che probabilmente non ha mai visto i sistemi una agenzia governativa così grande, devono capire tutto al volo e giudicare in quindici minuti se il tuo lavoro è degno o meno. Chiaramente si sta parlando d’altro: ma di cosa di preciso?
Se io parlo all’uomo della strada di “accesso al database”, si accenderà in lui una lampadina tipo film del 1986 in cui “accesso al database” da parte di un hacker su una tastiera di un monitor a fosfori verdi voleva dire “accesso completo, totale”. “Accesso al database” ti permette di dare alle persone non specializzate l’idea che tu abbia compreso tutto di quella organizzazione, che non abbia più segreti per te. “Accesso al database” è una parolina magica che nei non addetti ai lavori accende la visione di poteri informatici quasi sovrannaturali. Il senso di rivendersi “l’accesso al database” è “spezzare le reni” a una organizzazione, prostrarla, essere in grado di riplasmarla secondo una motivazione solo apparentemente tecnica, “il database ha detto che…”. Il Database ha detto che siete corrotti, inefficienti, che sprecate denaro pubblico. Chi di voi, comuni mortali, oserebbe contraddire il potente database? Ma il database, se non correttamente interpretato, non dice proprio un bel nulla.
Questo è il primo strumento utilizzato. Il secondo appartiene all’armamentario di ristrutturazione aziendale già sviluppato su Twitter ed è “lo scandalo morale”, la “corruzione oltre ogni immaginazione”. Questo aspetto merita un approfondimento . Musk ha continuamente lasciato intendere che dentro Twitter fossero accaduti “scandali senza nome”, “corruzioni gravissime”, “scene del crimine senza precedenti”. Famoso è il suo tweet “Twitter è sia un’azienda di social media che una scena del crimine“.

Musk aveva denunciato come scandalosi alcuni casi risalenti alla vecchia gestione di shadow banning, vuol dire “sparizione” di alcuni contenuti e/o parole chiave. Inoltre aveva messo alla berlina contatti diretti con l’FBI e altre agenzie governative su alcuni casi specifici. Questo “incredibile scandalo” sarebbe poi diventato i Twitter Files, dati in pasto a giornalisti non esattamente neutrali come Matt Taibbi e Bari Weiss. Senza voler difendere assolutamente le ingerenze governative su un social media, ingerenze che in un mondo ideale andrebbero sempre condannate, mi stupisce che queste ingerenze stupiscano, mi sembrano anzi molto inferiori a quelli che mi sarei aspettato per uno strumento così centrale nella formazione dell’opinione pubblica come Twitter. Qualsiasi cosa possano aver fatto i Twitter Files, o qualsiasi parola d’ordine relativa al laptop di Hunter Biden possano aver censurato, mi sembra comunque di ordini di grandezza meno grave di un attuale ministro del governo Trump che ha finanziato la sua campagna elettorale con centinaia di milioni di dollari mentre gestiva fisicamente gli algoritmi di visibilità di un social media tanto importante in piena campagna elettorale. Se i Twitter Files erano gravi, i Musk Files del futuro, che qualcuno un giorno raccoglierà, cosa saranno?
Il copione viene riutilizzato anche per USAID, “United States Agency for International Development”, l’agenzia americana che si occupa di aiuti internazionali. Laconici screeshots di non si capisce bene cosa vengono usati per denunciare “una corruzione senza precedenti”. Questa corruzione dovrebbe giustificare immediatamente misure drastiche di chiusura istantanea dell’agenzia. Fino a qualche giorno fa il sito usaid.gov dichiarava che tutti i dipendenti dell’agenzia, molti all’estero in regioni remotissime del globo per ragioni di servizio, avevano due settimane per mettersi in contatto con la sede centrale prima del licenziamento, grazie per il vostro servizio. Adesso il sito restituisce una pagina bianca, o forse è solo il vuoto dello squallore cosmico con cui Elon Musk è abituato a trattare i lavoratori che non ha assunto lui direttamente.
Qui c’è una differenza centrale con il caso Twitter. Nel caso Twitter, la denuncia di “corruzione senza precedenti” era funzionale a riplasmare l’azienda secondo i suoi desideri, in direzione ultraconservatrice. La corruzione senza precedenti era una excusatio non petita per portare Twitter (adesso ridenominato X) a sostenere Trump, l’AFD, la Lega e l’ultradestra mondiale. Però in teoria qui Musk avrebbe potuto farlo anche senza denunciare nessuna corruzione. Musk, avendo pagato 44 miliardi di dollari Twitter, poteva farne quello che voleva (non sono d’accordo con il principio, ma nei fatti è così). Musk avrebbe potuto trovare il peggio o il meglio dentro Twitter, non è importante, comunque alla fine la decisione è sua.
Ben diverso è il discorso nei presunti casi di corruzione dell’USAID. Se Musk trova casi di corruzione, Musk non ha nessun obbligo di chiudere, ha l’obbligo di denunciare. Se anche trovasse sul suo beneamato database una colonna di un tabella con un valore boolean “EMBAZZLEMENT” (corruzione) Vero/Falso non può lanciare sui social accuse di corruzione e malversazione (reati penali) senza che un magistrato intervenga. In ogni caso la corruzione non giustifica in nessun modo la chiusura di un istituto pubblico. Ci saranno stati anche casi di corruzione dentro il Pentagono, i colpevoli saranno stati puniti senza che nessuno per questo abbia proposto di sciogliere le intere Forze Armate Americane. Una agenzia può essere sciolta per decisione politica – rispettando le leggi – anche quando funziona in modo perfettamente onesto e trasparente.
Scrivo questo a prescindere da quanto io trovi personalmente osceno lo spettacolo di due miliardari al governo che come primo atto di governo cancellano di colpo una intera agenzia umanitaria, due miliardari che stanno lì a darsi il cinque e a “lollare” tra loro mentre potrebbero veramente esserci bambini in Africa che non riceveranno il vaccino antipolio perché chissà che diavolo ha visto il 19enne smanettone sgherro di Musk sul “database”. Come al solito Musk non sembra essere molto a proprio agio con gli ultimi della terra, per questo sono particolarmente surreali le storie strappalacrime su di lui generate dall’AI e recentemente comparse in rete.
Mentre analizziamo la componente tecnologica dell’approccio di Musk alle ristrutturazioni (“Sono il servizio IT, ho le chiavi del server, accedo ai database, il mio tecnosapere mi rende superiore a voi”) e la chiave morale (ventilare scandali di cui è informato solo lui ma non la magistratura), ci si può chiedere, qual è il senso di questo esercizio? Perché “tritare” così USAID?
Ritorniamo a Twitter. Adesso si chiama X: è stato abbandonato un nome iconico, che tutti conoscevano, diventato sinonimo di social media per una lettera dell’alfabeto impronunciabile in molte lingue, già questo fa capire il livello puramente ideologico delle scelte vendute come “di business”. X adesso ha un quinto dei dipendenti che aveva prima, ma ancora non produce utili, anche perché molti inserzionisti sono comprensibilmente scappati. Pare che forse adesso stiano tornando, vista il nuovo vento politico, ma non ancora in numero sufficiente a far registrare profitti.
Nel frattempo Musk e Yaccarino hanno denunciato gli inserzionisti, perché pare che solo Elon Musk possa fare quello che vuole con i suo soldi e le sue aziende, mentre gli altri invece hanno un obbligo morale e giuridico di fargli fare business. Vale così anche per i fondi pubblici, sono moralmente riprovevoli solo quelli ricevuti dalle altre aziende, quelli ricevuti dalle aziende di Musk invece sono sacrosanti.
Dopo tutti questi licenziamenti in Twitter/X siamo ancora al punto di partenza, non eravamo profittevoli nel 2022, e non siamo profittevoli nel 2025. Tuttavia X o Twitter ha assolto il suo obiettivo principale, ovvero far credere a Trump di essere stato determinante nella sua rielezione. Qui non siamo in grado di dire quanto la nuova direzione di X abbia davvero inciso, forse è stata la mosca cocchiera, forse ha fatto la differenza. Vige un discorso simile alle televisioni di Berlusconi in Italia negli anni passati (Berlusconi è sempre illuminante quando si parla di Trump, come scrive persino Francis Fukuyama).
Berlusconi ha vinto le elezioni con le televisioni, e le ha perse con le televisioni. Probabilmente Trump avrebbe vinto comunque contro una avversaria oggettivamente debole come Kamala Harris (debole perché lanciata all’ultimo minuto, senza una investitura popolare nelle primarie etc). Però Musk è riuscito comunque a guadagnarsi un posto alla corte del Re. La cosa divertente è che fino a prima dell’attentato di luglio alla vita di Trump, Musk non aveva ancora deciso di supportarlo ufficialmente. Fino a luglio, ovvero sei mesi fa, il binomio Musk Trump che adesso pare inscindibile nemmeno esisteva.
Se le benedette RPC “Remote Procedure Call” di Twitter, pardon X, adesso scorrono veloci come saette, eppure X non fa ancora soldi, cosa farà invece il D.O.G.E. per diminuire la spesa pubblica? Il D.O.G.E. sta scempiando l’agenzia umanitaria americana probabilmente solo per farne un esempio. Musk vuole mostrare agli altri enti federali che devono chinare il capo e mostrare obbedienza assoluta. Non può procedere con questa violenta rozzezza con il Pentagono o l’FBI (anche se all’FBI molte teste coinvolte nelle indagini su Trump sono rotolate), perché gli americani medi se ne accorgerebbero, invece se manca una tenda antimalarica in Africa, non ci sono mica problemi. Tanto ormai la gente non vuole mica stare meglio, vuole solo vedere soffrire chi sta peggio. Intanto giù brutali contro le minoranze, nel nome della crociata anti-DEI, Diversity, Equality and Inclusion, borse di studio tagliate e carriere bruciate, che non c’è tempo da perdere.
Inoltre, passate queste settimane “Shock and Awe”, sicuramente i giudici o la base repubblicana interverranno in qualche modo per porre freni alla brutalità del programma ideologico di sedicente risparmio. Al netto della retorica bellicosa, Musk alla fine non è mai andato davvero allo scontro finale con i giudici, sa bene che perderebbe, come è successo pure in Brasile, dove alla fine ha dovuto chinare il capo.
Ma il senso della brutalità del D.O.G.E. non è risparmiare denaro, ma domandare obbedienza assoluta, dissuadere dal desistere, mandare il messaggio che il vento è cambiato. Il senso del D.O.G.E. non è rendere più efficiente la macchina pubblica, compito che non si realizza con chiusure immediate e incentivi a pioggia per l’allontamento, incentivi che ovviamente favoriscono la fuoriuscita degli elementi migliori e più qualificati, persone che troverebbero sicuramente un lavoro fuori. E torniamo in laguna: il Doge di Venezia, che solo per un caso si chiama come lo Shiba Inu del meme a cui il dipartimento di Musk si ispira, era il capo di stato e il simbolo della Serenissima Repubblica, ma non era certo un sovrano assoluto. Era eletto a vita, ma il suo potere era fortemente limitato da un complesso sistema di istituzioni della Serenissima. Questi meccanismi di controllo servivano a evitare che il Doge potesse agire unilateralmente, unilateralmente come fa l’uomo più ricco del mondo Musk. In questo senso il D.O.G.E. di Musk e il Doge di Venezia sono figure antitetiche. Il Doge era un leader simbolico e a vita, ma dai potere reali molto limitati. Il D.O.G.E. di Musk si ammanta di efficienza e competenza tecnologica per dettare un potere assoluto e senza limite. Ma il nome del Doge di Venezia deriva dal latino Dux, condottiero, duce, una etimologia che, almeno a giudicare dalle amicizie politiche recenti e dagli inquietanti spasmi dell’avambraccio dell’imprenditore sudafricano, gli risulterebbe sicuramente gradita.
Il senso dell’acquisizione di Twitter prima e del D.O.G.E. adesso, acquisizioni avvenute seguendo lo stesso copione, è unicamente mandare un messaggio di obbedienza, spezzare le rotule di chi potrebbe ribellarsi ai nuovi padroni, portare un messaggio ideologico di “efficienza” veicolato da una incomprensibile coloritura tecnologica e morale. La sola cosa interessante, l’unica cosa non negativa nella tragedia, di un esperimento di questo tipo è che non si era mai visto una cosa del genere di questa scala in Occidente nei tempi recenti. A voler proprio cercare un silver lining nelle nuvole nerissime che si approssimano, per gli scienziati politici e sociali si tratta di una possibiiltà senza precedenti di trarre lezioni empiriche dalla gigantesca demolizione incontrollata dell’enorme burocrazia imperiale americana. La cosa più simile che mi viene in mente è quanto successo in Turchia dopo il golpe del 2015 contro Erdoğan. Cosa succederà? Cosa possiamo aspettarci? Chi sopravviverà a questa poco schumpeteriana “disruption” vedrà.